REQUISITI
Chi può presentare la domanda
Il datore di lavoro deve essere cittadino italiano o comunitario. Il datore cittadino extracomunitario può presentare la domanda solo se è titolare (o in attesa di rilascio o rinnovo) di un “permesso di soggiorno CE soggiornante di lungo periodo” o di una “carta di soggiorno” ottenuta in quanto familiare di cittadino Ue. Può presentare la domanda anche il cittadino extraUe in possesso di un permesso di soggiorno per asilo politico (gli ultimi chiarimenti del ministero dell’Interno)
Limiti di reddito per il datore che presenta la domanda
Il datore di lavoro deve essere, altresì, in possesso di un reddito minimo che varia in relazione al tipo di rapporto di lavoro da regolarizzare, lavoro dipendente o agricolo oppure lavoro domestico (colf, badanti, babysitter…).
Per la regolarizzazione di lavoratori dipendenti le società, le ditte individuali e le cooperative, devono avere un reddito imponibile o un fatturato risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi o dal bilancio non inferiore a 30 mila euro.
Per i datori di lavoro domestico (colf, badanti, babysitter…) invece, il reddito risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi non deve essere inferiore a 20 mila euro se il datore è l’unico percettore di reddito in famiglia. Se all’interno dello stesso nucleo familiare ci sono più percettori di reddito il reddito non deve essere inferiore a 27 mila euro. Nel calcolo si può cumulare il reddito del coniuge e dei parenti entro il 2° grado anche se non conviventi con il datore di lavoro.
Presenza sul territorio italiano
La presenza in Italia dovrà essere dimostrata con documentazione proveniente da “organismi pubblici” come ad esempio un referto del Pronto Soccorso, il tesserino sanitario stp, un atto notarile, il rinnovo del passaporto effettuato presso il Consolato di appartenenza. Questa andrà esibita al momento della convocazione allo Sportello Unico per la firma del contratto di soggiorno.
Anche se il decreto interministeriale, recentemente pubblicato riguardo alla prova non specifica nulla, si ritiene di poter escludere, tra la documentazione, ricevute di invio denaro all’estero, fatture commerciali, scontrini fiscali, ecc. ecc.
Inizio del rapporto di lavoro
Il rapporto di lavoro deve essere iniziato da almeno tre mesi alla data di entrata in vigore della legge e cioè, essendo la legge entrata in vigore il 9 agosto scorso, almeno dal 9 maggio 2012 (e deve continuare alla data dell’invio della domanda).
Possono essere regolarizzati rapporti di lavoro, sia a tempo determinato o indeterminato, a tempo pieno. Solo per il lavoro domestico è ammessa la regolarizzazione per rapporti di lavoro part time e comunque per un orario non inferiore alle 20 ore settimanali.
Si ricorda che in tutti i casi la retribuzione da garantire deve rispettare i minimi retributivi previsti nei diversi contratti collettivi di riferimento.
Versamento del contributo forfettario di euro 1.000
La legge ha previsto che il datore di lavoro, prima di inviare la domanda, debba pagare con un “modello F24 Versamenti con elementi identificativi” un contributo forfettario pari a 1.000 euro. Tale versamento può esser fatto fino all’ultimo giorno utile per l’invio della domanda di regolarizzazione (15 ottobre).
Gli esclusi dalla regolarizzazione
La legge ha previsto che, in presenza di particolari condanne a carico del datore di lavoro o del lavoratore, non si possa accedere alla regolarizzazione.
Non sono ammessi datori di lavoro condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva,
per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina;
per tratta o sfruttamento di prostituzione e minori;
per caporalato o per aver dato lavoro a immigrati irregolari.
Non sono ammessi alla regolarizzazione, altresì, i datori di lavoro che precedentemente, pur avendo fatto richiesta di nulla osta al lavoro in occasione dei flussi o della regolarizzazione del 2009, non hanno successivamente sottoscritto il contratto di soggiorno o effettuato l’assunzione presso il Centro per l’Impiego o l’Inps, sempre che questo non sia dipeso da cause di forza maggiore.
Sono esclusi gli immigrati espulsi per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato e quelli condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale (es. furto, rapina, violenza…). Regolarizzazione vietata anche per chi è segnalato come “non ammissibile” in Italia, e per chi è considerato, anche in base a condanne non necessariamente definitive, una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dell’Italia o di altri paesi dell’area Schengen (segnalazione SIS).