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Sette anni fuoricorso

Prendiamo e volentieri pubblichiamo l’editoriale dell’ultimo numero della rivista ORA realizzato dall‘ASUF (Albanian Students of the University of Florence)

Troppo “albanese” per restare, troppo “italiano” per tornare

Mi chiamo.. anzi no, non mi piace specificare. Diciamo che l’uniche cose che vorrei sappiate di me sono due: Ho 28 anni, e sono 7 anni fuoricorso.

Si, sono d’accordo, l’università non è cosa da poco, ma a quanto pare non è nemmeno cosa da tutti! Quando accetteremo questo dato di fatto?

Il mio primo anno! Anzi, il mio primo giorno da sbarcato o atterrato in Italia. Primo giorno da studente universitario. Ero disorientato dal nuovo ambiente, ed ero ubriaco fradicio dal “io studio in Italia”, dal fascino da “tornato per le vacanze in Albania”, le cose nuove da raccontare agli amici, dal nuovo stile di vita, senza i genitori per chi più e per chi meno assillanti, che mi sono dimenticato del vero motivo, (o dovrei dire scusa) che mi stavo rovinando in questo paese straniero…. qual’era? Ah sì: LO STUDIO. Mannaggia sì!

-Adesso vado a “leggere un pò”!

Che cavolo significa “leggere un pò”? quando in tanto devi “studiare tanto”.

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Poi eccola: la sezione degli esami. Se superi il tuo primo esame in assoluto, ti senti un dio, oppure se il tuo ego non è cosi megalomane…dopo questo esame cominci a credere in dio. La vera tragedia è quando non riesci a superarlo. E’ li che cominciano i guai. All’inizio ci sono i sensi di colpa: potevo studiare di piu, dovevo uscire di meno. Sensi più che giustificabili ma che piano-piano la nostra “parte buona” comincia a giustificarli: sono al primo anno, ci sono le difficoltà della lingua, non ho ancora un buon metodo di studio…

Ed è questa “parte buona” che mi ha fregato. Quando invece dovrebbe essere questa “scusa” la ragione o il motivo per cui io (studente atterrato in un paese straniero) dovevo impegnarmi il doppio con lo studio.

Poi c’è quello che io chiamo “effetto domino”. Un esame “sposta” l’altro. Esami che si spostano da un appello a quello successivo, diminuendo così il numero degli esami programmati. Ogni esame non preparato o non superato ci spinge verso la cosidetta crisi del “devo trovare un lavoro“.

Una volta trovato lavoro le ore intenzionate allo studio si diminuiscono, sciogliendosi come i granuli di zucchero nelle tante tazze di caffè che cominci a prendere. Sappiamo benissimo tutti che le ore “intenzionate” allo studio sono inversamente proporzionali al numero degli amici o conoscenti che si trovano nelle stesse aule studio. Un saluto dopo l’altro, una pausa dopo l’altra, una sigaretta dopo l’altra, un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro, un esame dopo l’altro ci troviamo a fare una vita da “fuori corso“. E la vita da fuori corso è la prova che il tempo si è fermato…

Una mia idea personale è che per noi studenti stranieri che studiamo in Italia il tempo scorre diversamente. Percepiamo un altro concetto del tempo, diverso da quello che trascorriamo nella nostra patria. Una volta toccata la terra straniera il tempo rallenta. Viviamo in un’altra dimensione spazio-temporale e ci mettiamo comodi (popcorn inclusi) a guardare questo strano film chiamato “Vita” oppure piu precisamente “Vita da studente“.

Tutto scorre lentamente, senza cambiamenti professionali, sempre parlando della professione che si presuppone uno ambisca avere dopo gli studi, perchè intanto di professioni ne hai cambiate tante: dal cameriere al pizzaiolo, dal receptionista al barista

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La vera domanda è: ci crediamo noi capaci di cominciare una vita piena di responsabilità dopo solo 5 anni di “vita da studente”? E quanti di noi hanno profondamente odiato la domanda: -Quando finisci l’università (e qua c’è la parentesi nella tua testa: se la finisco!) hai intenzione di tornare o di restare?

Siamo troppo “albanesi” per restare in Italia e siamo (pur)troppo “italiani” per tornare in Albania. Ormai abbiamo la vita sdoppiata: albanesi in Italia e “italiani” in Albania. Porca miseria! Viviamo due vite paralelle e in tutte e due i casi siamo “ètrangère“!!!

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