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Quel colletto bianco rubato

Scuola amarcord
Di Adela Kolea

Inerente alla scuola dei nostri tempi in Albania, anni ’80, ed alle divise scolastiche, mi venne in mente un episodio concentrato soprattutto sul colletto bianco, parte integrale della divisa scolastica.

Della divisa, rigorosamente accurata nei dettagli, assieme al grembiule nero, faceva parte anche il fazzoletto rosso che veniva ottenuto ed utilizzato a metà delle elementari, il cosiddetto “shalli i pionierit”, elemento determinante delle divise di varie istituzioni, scolastiche o meno, di tutti i paesi che abbracciavano l’ideologia comunista. Questo, sostituiva la “stella” applicata in precedenza sul grembiule, come elemento distintivo degli alunni più bravi e devoti alla scuola elementare. Questa stella, le bambine le rendeva delle “yllka” ed i bambini, dei “fatos”. “Yllka” e “Fatos” sono, guarda caso, anche dei nomi di persona albanesi, tipici del periodo totalitario.

Bene: avevo la fortuna di possedere dei bellissimi colletti bianchi! Perché mia madre è sempre stata molto brava a lavorare a mano, per cui avevo colletti bianchi ricamati a fili “mouliné” colorati e di quelli fatti ad uncinetto, che cambiavo ogni giorno e ne ero diventata forse inconsapevolmente, appassionata di essi addirittura.

Ero alle scuole medie ed il sabato, di solito, prendevo dopo scuola l’autobus assieme alla mia compagna di classe, Rudina, per andare a trascorrere il fine settimana da mia nonna. Mia nonna e Rudina abitavano vicino. In autobus percorrevamo tutto il raccordo della città, Tirana, situato lungo il fiume Lana, chiamato “unaza”e questo giro costituiva per noi una sorta di divertimento.

Avvicinandomi al condominio dove abitava la nonna, scendo dall’autobus. Nel davanzale del balcone del piano rialzato di un altro condominio lì vicino, si era affacciata una donna, che rivolgendosi a me, mi disse:

“Sai che hai dei bei colletti bianchi tu, ragazzina?” Ero abituata a non dare confidenza agli sconosciuti. Anche se devo dire che, per i tempi che correvano, delinquenza non ce n’era in Albania. Figuriamoci! C’era la dittatura. E insomma, quella donna mi si era rivolta con educazione e vista l’età, sulla quarantina, imponeva fiducia. Per cui mi fermai sotto il suo balcone. “Mi daresti un attimo il colletto? – mi disse. Il tempo di copiarlo sulla carta, perché lavoro a mano anch’io e questo modello di colletto mi è piaciuto”. “Ah, va bene – le risposi – prego!” E tirai via dal collo il mio adorato colletto bianco, allungandoglielo al suo davanzale del balcone.

Bene. Aspettai circa dieci minuti sotto il suo balcone, per riavere indietro il mio colletto, ma niente. La signora non si faceva vedere. Aspettai qualche altro minuto ancora e poi girai dietro al palazzo, laddove c’era l’entrata condominiale. Allora, i nostri vecchi stabili non avevano né portoni e né citofoni. Calcolai la posizione del suo appartamento, essendo piano terra e collegandolo con la direzione del balcone da cui la signora mi aveva parlato, trovai la sua porta di casa. Suonai. Una volta, due tre… Ma niente. Nessuno rispondeva.

Era la prima volta in cui mi scontravo ad un brutto episodio del genere.
Si era trattato di un furto ma, di classe! Un furto in dittatura soprattutto! In un periodo in cui la delinquenza non aveva la vita facile per le regole e la condotta di vita imposte dal regime. Nonostante si trattasse forse di un oggetto non di valore, almeno per gli altri, per me quel colletto bianco da divisa scolastica valeva molto invece. Era stato fatto da mia madre. Ma a prescindere, era il gesto di quella donna che mi aveva indignato tanto!

Non mi ero nemmeno lamentata del fatto in famiglia: avevo circa 12 anni e non di più. Raccontato così, non so se mi avrebbero creduto. L’episodio aveva dell’incredibile. Io stessa stentavo a crederci. Ecco, infatti il suo amaro effetto ha fatto sì che io oggi, ne raccontassi a voi l’accaduto sgradevole, nonostante ne sia passato di tempo … Avevo pensato anche di non voler diventare io, un’ ipotetica causa di litigio per i più grandi.

Per cui in casa, dissi che purtroppo, il colletto l’avevo perso. Mi sarebbe scivolato dal collo senza che me ne accorgessi. Ma, indubbiamente ci ero rimasta molto male. Questo mi è venuto in mente oggi, come un episodio amarcord della scuola in Albania tra svariate cose positive che riporto da quel sistema scolastico naturalmente.

Oggi, 7 marzo, e in Albania si celebra la Giornata Nazionale dell’Insegnante. Noi abbiamo avuto la fortuna di essere stati istruiti molto bene da ottimi professionisti. E tutto ciò che abbiamo avuto come base di istruzione ci è servito nella vita in seguito, nell’approfondimento di tutti i rami del sapere, approfondimenti conseguiti da parte nostra un po’ in tutto il mondo.

 

 

 

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