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Addio a Saranga, che vale più di Gheddafi

Fanno più notizia le polemiche su Alemanno o il video sul Colosseo allagato rispetto a chi è morto affogato in casa sua, 60 metri di seminterrato, la cantina che era la “sua” Italia, terra promessa per cui da oltre 10 anni aveva lasciato lo Sri Lanka

Di Sergio Talamo

Silenzio. Per favore, per pietà. Non parliamo più di Gheddafi, di Ignazio Visco, delle nuove intercettazioni di Lavitola. Non chiediamoci se la Champions abbia o no rilanciato le milanesi. Fermiamoci e togliamoci il cappello per Saranga Perera, l’uomo che per tanti è solo un titolo: “Nubifragio, una vittima a Roma”.

Lui è molto di più. E’ morto da simbolo di mille cose. Fatti atroci e dolcissimi che già oggi nessuno vede, perché per noi fanno più notizia le polemiche su Alemanno o il video sul Colosseo allagato rispetto a chi è morto affogato in casa sua.

Si, Saranga è morto così, e non in una capanna nel cuore del Pacifico, ma a Roma, nella nazione che si batte per non aumentare lo spread con i bund tedeschi. E’ morto in 60 metri di seminterrato, il rifugio per sei esseri umani, la cantina che era la “sua” Italia, terra promessa per cui da oltre 10 anni aveva lasciato lo Sri Lanka. E’ morto perché l’acqua mostruosa del quartiere Infernetto, zona Eur, ha investito il locale e abbattuto muri marci e corrosi senza dargli scampo. L’acqua lo inseguiva, e a lui restava solo una grata da cui gridare “salvatemi, vi prego!”.

Saranga aveva le mani aggrappate alle sbarre, e nulla più di questa immagine rende l’atrocità della sua personale prigione: puoi lottare e faticare ora su ora, fare il cuoco alla Piramide ed essere benvoluto da tutti, pagare in nero l’affitto e far venire a Roma dopo sette anni la tua Dilani che è già incinta… Puoi anche chiamare tua figlia “Chiara” come la figlia dell’italiano dell’attico. Ma alla fine il tuo destino di uomo imprigionato ti rincorre, ti raggiunge, ti porta via per sempre. Per te, respirare l’Occidente era un lusso, un privilegio che non dura. Forse per questo il tubo che qualcuno ti passa arriva in ritardo.

Annegare in casa. Qualcuno ci pensa quando si parla di grandi temi – immigrazione, urbanistica, licenze edilizie, abitabilità, tassa sulla prima casa, caro-affitti? Qualcuno si renderà conto di ciò che scrivono i cronisti accorsi all’Infernetto? Il Corriere della Sera: “Il canale straripato fu scavato un secolo fa dai contadini romagnoli che arrivarono qui per bonificare le paludi di un territorio molto vasto, che va da Ostia Antica ad Acilia, e che sta sotto il livello del mare. Perciò da queste parti, fra il mare e l’Eur, un temporale può scatenare una catastrofe”. Un secolo fa, quando in Italia c’era il Re e al governo Giolitti. Un secolo di inerzia e abusivismo che trasforma in dighe omicide un marciapiede o un muretto, e in trappole le case-tugurio che tutti fingono di non vedere..Ma cosa importa a Saranga Perera della politica? Cosa conta per sua moglie, che ora piange senza parlare, senza accusare nessuno?

Cose atroci. E cose dolcissime. Saranga alle otto del mattino vede il nubifragio, capisce subito, porta in salvo Dilani e Chiara. Poi però compie l’atto che lo ucciderà. Riscende di sotto a prendere i documenti. Chi non è immigrato non può capire: cosa saranno mai una patente, una carta d’identità per un italiano tranquillo? Per loro, invece, sono la prova di esistere, sono il segno che i sacrifici hanno avuto un senso. Saranga scende i sei gradini che portano alla sua casa. Ma proprio allora crolla il muro della stanza vicina. Dice il negoziante che lo ha soccorso: “Ho rotto i vetri insieme a lui, ma c’erano le sbarre di ferro”. Sbarre di ferro. Del resto, cosa vuoi mettere per delimitare un seminterrato? Tendine a fiori? Prima di scomparire nell’acqua – racconta il soccorritore – Saranga dice addio a sua moglie.

Oggi il nostro pensiero e il nostro rispetto vanno a te. A te che pensavi al giorno in cui Dilani arrivò a Roma, alla tua bambina cui avresti presto regalato l’accappatoio di Hello Kitty come quello delle italiane, all’ingiustizia di una prigione di acqua, alla banalità di morire di temporale, tu che venivi dall’isola delle piogge, tu che chiamavi “casa mia” il buco infame che ti ha inghiottito.

Sergio Talamo

I heqin gabimisht veshkën e vetme të shëndetshme

Prato. Ekzekutohet me plumb në kokë Alban Deliu