La comunità, tra difficoltà e senza sostegno, è cresciuta e integrata negli anni. Oggi gli albanesi d’Italia rappresentano un ponte tra i due paesi: sono portatori sani di albanesità, il profilo in carne ed ossa di un paese che fino agli anni ’90 era poco e niente conosciuto e che oggi chiede di far parte dell’UE. Meriterebbero un’attenzione maggiore sia dal loro paese che dall’Italia
Keti Biçoku*
Mentre l’Albania prosegue il suo lungo e faticoso cammino verso l’Europa, una buona parte dei suoi cittadini quel obbiettivo l’hanno già raggiunto, o quasi, in poche parole sono molto più avanti della patria. Parlo delle centinaia di migliaia di albanesi che dagli anni ’90 hanno migrato in Europa, in particolare in Italia e Grecia.
Solo in Italia vivono oltre 440 mila albanesi con permesso di soggiorno (si contavano 514 persone nel 1980). Per la verità, la comunità ne conta oltre 600 mila se teniamo conto dei tanti che ormai hanno concluso il loro cammino migratorio ottenendo la cittadinanza italiana.
Sono per metà donne, circa un quarto è costituita da minorenni, e oltre 70% hanno il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Gli ultimi anni accademici, pure registrando una flessione, vedono gli albanesi ai primi posti sia per numero di allunni non italiani sia tra gli universitari stranieri.
Lavorano principalmente nel settore edile e l’industria nel senso stretto, settori che hanno sofferto in modo particolare la crisi degli ultimi anni e di conseguenza hanno sofferto pure loro.
Gli albanesi creano imprese – si contano circa 35 mila piccole medie imprese e dite individuali di cittadini nati in Albania – creando quindi posti di lavoro per loro stessi e altri.
Come in generale tutte le comunità di stranieri regolari, anche gli albanesi contribuiscono alla crescita dell’Italia, ricevendo in cambio, disattenzione, a volte la discriminazione della classe politica, la quale non sapendo come fare fronte ai tanti problemi della società addita lo straniero come uno dei pericoli principali – prima era l’albanese, poi il romeno adesso va di moda prendersela con gli africani. In termini finanziari e di protezione sociale, gli albanesi – come tutti gli stranieri d’altronde – ricevono molto meno di quel che versano in tasse e contributi, sia per la giovane età, sia per l’esclusione di una buona parte di loro dalle misure assistenziali, sia per la difficoltà di avere la pensione (per il fatto di aver carriera lavorativa divisa tra due stati che ancora non hanno stipulato un accordo bilaterale che riconosca loro la somma degli anni di lavoro).
In poche parole, gli albanesi d’Italia sono gente che giorno dopo giorno, individualmente, con tante fatiche e senza sostegno, si sono realizzati e integrati. Non sono ne angeli e ne demoni, ne eroi e ne criminali. Hanno passato anni difficili quando certa stampa e opinione pubblica gli equiparava con disinvoltura con la criminalità. Ma hanno saputo, in silenzio, a testa bassa, a trovare la loro strada fino a sentirsi oramai a casa in Italia.
Oggi rappresentano un ponte tra l’Italia (e l’Europa in generale) e l’Albania: sono portatori sani di albanesità, il profilo in carne ed ossa di un paese che fino agli anni ’90 era poco e niente conosciuto e che oggi chiede di far parte dell’UE. Meriterebbero un’attenzione maggiore sia dall’Italia che dal loro paese.
Dall’Albania meriterebbero di avere, soprattutto, la possibilità di esercitare il diritto di voto dove vivono, più attenzione all’insegnimento e della madrelingua all’estero, accordi bilaterali nel campo della protezione sociale.
La politica italiana, invece, non può non tener conto della necessità degli immigrati per settori vitali della economia e società, quindi politiche di inclusione e promozione sarebbero auspicabili.
Sarebbe stato giusto aver visto portato a termine la riforma della cittadinanza per le seconde generazioni; sarebbe stato bello non vedere l’accanimento degli ultimi governi italiani nel chiedere il contributo per il permessi di soggiorno, ritenuto alto e ostativo alla integrazione dalla corte di giustizia europea.
Oggi, tanto per dare due esempi conosciuti da tutti, “Prima gli italiani” non può portare all’esclusione degli immigrati regolari dal reditto di cittadinanza o altre misure a sostegno del reditto e bonus vari per le famiglie in difficoltà, non riconoscendo così un diritto sancito da leggi italiane e europee già recepite dall’Italia, non può portare all’esclusione dei figli degli immigrati dalle mense scolastiche o il bonus libri (Si crede veramente che ci siano immigrati che crescono i propri figli in Italia con un ISEE bassissimo, avendo degli immobili di lusso in patria?!).
Nel caso degli albanesi, vista la loro buona capacità di integrazione, sarebbero auspicabile avere dei canali legali per facilitare l’ingresso regolare per lavorare o per studiare in Italia; stipulare accordi bilaterali per conoscere gli anni lavorativi in tutti e due i paesi ai fini della pensione.
Nell’ambito europeo, prima di tutto l’Albania deve fare la sua parte e andare avanti con le riforme. Mentre l’Italia dovrebbe continuare a promuovere la piena integrazione dell’Albania nell’Unione poiché non c’è niente da temere, solo da guadagnarci tutti. Non ci sarà l’invasione temuta da qualcuno, l’ha mostrato la liberazione dei visti di ormai otto anni fa che non ha riempito le strade dell’Europa di albanesi nullafacenti… Ci sarà rafforzamento dell’Europa e progresso dell’Albania.
Chi sono gli albanesi d’Italia? Più delle cifre, parlano le singole storie e persone. Premettendo che è impossibile elencarli tutti, ricordiamo qualcuno.
Tra calciatori bravi e stimati chi non conosce Hysaj e Strakosha, tra i cantanti di musica leggera Ermal, Elhaida e Elsa, cantanti lirici di fama mondiale come Ermonela, Saimir, strumentisti come Olen e Robert, artisti come Adrian, Helidon, tra i ballerini famosi della TV e dei teatri, Kledi, Ambeta, Ilir Nezha e tanti tanti altri. Ma questi sono solo pochi dei soliti noti…
Ci sono anche tanti altri meno conosciuti, che con piccole azioni di ogni giorno rendono migliore la vita al prossimo e a loro stessi.
Ci sono figli di albanesi d’Italia che si sono meritati riconoscimenti prestigiosi, come Henri insignito della medaglia d’oro “Alfiere del lavoro”, Florian che rappresenta l’Italia nella simulazione dell’assemblea Onu a New York raggiungendo il quinto posto su oltre 2000 partecipanti, Gaia con la sua lunga fila di primi premi in pianoforte, allunne come Amy a Treviso e Iris a Roma, le migliori della città o della scuola…
Ci sono albanesi come Luli, per esempio, che non è un angelo e non si è mai sentito un eroe, eppure fa tanto per il prossimo, generoso, ottimista e pieno di vita come è.
Oggi è panettiere e proprietario del locale “Pane, amore e fantasia”. Non dimentica quel che ha sofferto personalmente, e quando le cose vanno per il verso giusto pensa di dare una mano agli altri, come per esempio offrire per anni, una volta alla settimana, la cena ad alcuni senzatetto.
È famoso Luli nella sua Firenze per le varie iniziative intraprese negli anni, come quella di offrire il pane gratuitamente alle neomamme, finché i figli hanno 6 mesi, oppure a metà prezzo per gli anziani, o quella di offrire la merenda il primo mese di scuola a tutti i ragazzini che passano per il suo locale, oppure organizzare la colletta per l’anziana donna, sua cliente, derubata da un malvivente.
Lo fa e basta, senza chiedere in cambio alcunché e tantomeno documenti.
E quando una volta gli chiesi come faceva ad essere sicuro che i figli delle mamme che prendevano il pane avessero meno di 6 mesi mi rispose sorridente: “E che importa se li avessero compiuti? Se vengono, vuol dire che sono in difficoltà, e io il pane glielo do con tutto il cuore”.
* Intervento alla conferenza Italia e Albania: in cammino verso l’Europa, organizzata dall’Ambasciata della Repubblica d’Albania nell’ambito del Festival della Diplomazia, tenutasi il 22 ottobre a Roma