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Padova. Vincenzo Romania si candida: “Anche per una giusta politica per l’integrazione”

Vincenzo Romania, classe 1976, docente di Sociologia all’università di Padova, autore di diversi libri, tra cui “Farsi passare per italiani”, si candida per il prossimo consiglio comunale nelle file di SEL. “Se sarò consigliere comunale, – scrive nel suo comunicato – mi impegnerò soprattutto far funzionare le mie esperienze e competenze, in particolare nel settore dell’immigrazione”

Negli ultimi decenni, in Italia ci siamo abituati a dividere il mondo politico in due nette parti, in “loro” ed in “noi”, in cui loro sembrano sempre persone distanti dalla realtà, pronte a puntare il dito ed addebitare colpe a “noi” e con un inimitabile fare camaleontico sedersi per poche ore ai nostri tavoli e chiederci il voto.

Nonostante i costanti tentativi di far passare la politica per un affare, ci sono sempre state persone che credono fermamente nel suo valore, che combattono in silenzio i demoni che si sono appropriati del bene comune, che lottano contro quella macchia d’olio di corruzione e pregiudizio che avvolge l’”affare” in nome della uguaglianza, della partecipazione e democrazia.

Una di esse, è Vincenzo Romania, classe 1976, docente di Sociologia all’università di Padova, autore di diversi libri, tra cui “Farsi passare per italiani”, “Identità e performance”, “La città interculturale” ecc, attualmente detiene la cattedra di Sociologia della Comunicazione all’università di Padova, ricercatore e membro del Collegio docenti della Scuola di dottorato in “Scienze Sociali” e del comitato scientifico del Master in Studi sull’Islam d’Europa e della Commissione Scientifica di Area e coordinatore scientifico dei mediatori culturali pe il Comune di Padova.

In pochi avrebbero mai immaginato che Vincenzo Romania, con il suo percorso ed il suo fare estraneo ai marchingegni politici, avrebbe avuto il coraggio e, per certi versi la svista, di “buttarsi” in politica.

Una decisione comunicata direttamente sul suo blog, senza troppa pubblicità, senza colori sfarzosi, senza esaltazioni clamorose, un semplice e breve comunicato: “Alla fine l’ho fatto: mi candiderò anche io alle prossime elezioni comunali, nelle liste di Sinistra Ecologia e Libertà.(…)”.

“Se sarò consigliere comunale, – scrive nel suo comunicato – mi impegnerò soprattutto far funzionare le mie esperienze e competenze, in particolare nel settore dell’immigrazione. Sono stanco di una destra e di una sinistra incapaci di pensare un attimo, e di uscire fuori dalle semplici soluzioni securitarie ai problemi. E sono stanco anche di chi vuole decostruire le politiche in essere, senza partecipare alle maggioranza che le propone. Bisogna piuttosto studiare strategie di dialogo e di intervento, e al di là della demagogia è tutt’altro che semplice”.

“Se avrò la fortuna di diventare consigliere comunale, proverò a imparare dai risultati delle ricerche condotte a Padova e dal periodo in cui ho coordinato i servizi di mediazione culturale, ho valutato i servizi di mediazione abitativa e partecipato ai lavori dello Sportello per i Richiedenti Asilo e Rifugiati per questo Comune. Per il resto, credo in valori di uguaglianza, di superamento delle disuguaglianze, di sviluppo sostenibile, di contenimento della cementificazione, di valorizzazione della cultura, di liberalizzazione degli eventi musicali in città e questi orienteranno le mie scelte future. Spero di partecipare a questa avventura, e di portare avanti tutto, ripeto, con spirito sereno, con il sorriso sulle labbra, come quello del sole che ride”.

Un comunicato che ci ha sorpreso tanto quanto ci ha entusiasmato. E come ogni notizia che vale la pena dare, piena di contenuti, storia e concretezza, abbiamo rivolto immediatamente qualche domanda a dott. Romania per capire la sua forza-coraggio che l’ha portata alla decisione di candidarsi. Una decisione che inevitabilmente le porterà sostegno e inimicizie, volti della scelta che dott. Romania sembra abbia tenuto bene in considerazione.

Prof. Romania, la notizia della sua prossima candidatura ci ha colti di sorpresa, di ottima sorpresa, ma non posso non chiederle, perché sul vasto panorama politico italiano lei ha scelto proprio la lista SEL?

Ho scelto una lista come Sel, perché schiera al suo interno, a Padova, molti immigrati, delle comunità rumene, nigeriane e marocchine, oltre che un mediatore e ricercatori come me che si occupano di migrazioni. E’ una lista da sempre attenta alle differenze e ai diritti civili e ciò sta scomparendo dagli interessi della nuova sinistra italiana.

Quindi, il Partito Democratico italiano, il più grande del territorio e che si è da sempre presentato vicino agli ultimi, ha mancato qualche appuntamento? Cos’è che ha in meno di SEL?

La lista SEL di Padova si schiera in coalizione con il Pd alle prossime elezioni. Dal mio punto di vista, il Pd non è una realtà manchevole, ma una realtà onnicomprendente: nasce da un compromesso storico fra più anime e soffre del compromesso fra le stesse. E’ perciò spesso bloccato su posizioni non definite, rispetto a temi importanti. Resta tuttavia un partito fondamentale nel nostro panorama politico, verso cui esprimo il mio rispetto.

È chiaro che nonostante i principi democratici della sinistra italiana, l’Italia è portatrice di una grande pecca sul tema integrazione. Secondo lei, che da sempre studia l’immigrazione e si impegna perché non sia considerato una minaccia, qual è la base del problema? Perché dopo decenni, l’italiano medio si trova ancora a diffidare dello straniero, come l’intruso?

Il grande difetto della relazione italiana alle differenze è quello di non superare la precarietà degli interventi, non accettare un cambiamento culturale, sociale, politico, irreversibile; continuare a far sì che gli interessi economici prevarichino sullo sforzo politico di governance globale dei fenomeni; non attuare strategie di miglioramento dei modelli integrativi, ma fossilizzarsi sugli aspetti del controllo e sulla riduzione della visibilità degli immigrati nello spazio pubblico. Tutto ciò da vita a una situazione di assimilazionismo di fatto, contrario ai diritti costituzionali di libertà di espressione e di culto.

Non crede che i mass media siano colpevoli quanto la mala politica su questo? Leggere in prima pagina dello straniero criminale, dove prima viene segnalato la provenienza e poi il crimine ed incontrare, raramente, notizie di uno straniero “per bene” crede siano frutto dell’interesse economico che accresce toccando le pance dei cittadini?

Le responsabilità dei media e quelli della politica sono difficilmente distinguibili in un sistema come quello italiano di fortissima compenetrazione fra informazione e potere politico. Se è vero che sul piano locale e più in generale nell’informazione vige un principio anche economico di spettacolarizzazione degli aspetti critici dell’integrazione, il panico morale ha però origine, soprattutto, nell’utilizzo della paura come medium di consenso facile. La politica richiama così la pancia dell’elettorato e addormenta le sue capacità critiche. Sarebbe assolutamente necessario agire per imporre una deontologia seria ai giornalisti sul trattamento dei temi sensibili e, più in generale, rivedere gli aspetti critici del linguaggio con cui percepiamo la diversità.

La diversità a Padova è di casa. Una realtà multietnica con mille sfumature, culture che si fondono e ne condividono la bellezza della città e l’ospitalità dei padovani, ciò non toglie le difficoltà che si incontrano in tutta Italia per una convivenza alla pari e senza pregiudizi. Da dove inizierebbe lei nel tentativo di raggiungere l’integrazione?

Padova è prima di tutto una città universitaria e il messaggio implicito nel sapere universalistico della cultura universitaria è radicale: esso decostruisce ogni superiorità stabilita, mette in discussione le costruzioni sociali, invita a una consapevolezza della relatività delle culture, delle religioni, dei punti di vista del mondo. Una giusta politica locale per l’integrazione deve proprio partire da questo: come nella tradizione olandese, fondare l’integrazione sulle strutture dialogiche, nella consapevolezza, comunque, che sarà un percorso difficile, nel quale il rischio di fallimento è fortissimo.

Darina Zeqiri

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