Per i Giornalisti Cinematografici Italiani, “La macchina delle immagini di Alfredo C.” è il Miglior Docufilm dell’anno
Dopo la calorosa accoglienza all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e la selezione nella decina finalista per il Miglior documentario ai David di Donatello, “La macchina delle immagini di Alfredo C.” di Roland Sejko ha ricevuto venerdì scorso il Nastro d’Argento – il più antico premio del cinema italiano, conferito dal Sindacato Giornalisti Cinematografici – come il Miglior docufilm dell’anno.
A partire da un clamoroso e misconosciuto evento storico, che vide coinvolti migliaia di italiani al termine della seconda guerra mondiale, e dal singolare destino di un tecnico del cinema, La macchina delle immagini di Alfredo C. regala una riflessione avvincente sul potere pervasivo della propaganda. E attraverso l’intreccio di straordinari filmati dell’Archivio Luce – un autentico protagonista del film – e di riprese originali affidate alla voce, al volto e al talento di Pietro De Silva, mette in scena un poema visivo sulla memoria e sulla responsabilità di chi crea immagini, e di chi le vede.
Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di italiani, operai, coloni e tecnici, vengono trasferiti nel paese. Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti ancora 27.000 italiani tra reduci e civili. Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico. Alfredo C., operatore della propaganda fascista, ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. Ora, da un giorno all’altro, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista. Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia. È il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo.
Da marzo, il film di Sejko – prodotto da Luce-Cinecittà – è arrivato nelle sale cinematografiche di varie città italiane dove sta avendo un’ottima accoglienza dal largo pubblico.
Dicono del film:
- L’UOMO CHE FILMAVA I GRANDI DITTATORI La Repubblica
- UN FILM CHE TUTTI I VERI AMANTI DEL CINEMA DOVREBBERO VEDERE Il Fatto Quotidiano
- UN RARO DOCUMENTO DI STORIA DI CINEMA MyMovies.it
- UN POTENTE DOCUMENTARIO SentieriSelvaggi.it
- ENERGIA, SCRITTURA, SFONDO, SPAZIO, ARCHIVIO, OCCHI PER CAPIRE MEGLIO L’OGGI RadioCinema.it
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- UN FILM IMPORTANTISSIMO, UNO DEI FILM PIÙ BELLI IN USCITA QUESTA SETTIMANA, IMPERDIBILE Cinematografo, Rai Uno
Nato e cresciuto in Albania, Roland Sejko vive a Roma dal 1991.
Nel 1999 ha fondato e diretto per 15 anni Bota Shqiptare, il periodico degli albanesi in Italia. Dal 1995 lavora presso l’Istituto Luce dove oggi è direttore della redazione editoriale dell’Archivio Storico Luce. Grande conoscitore e magistrale fruitore di archivi, ha scritto e diretto diversi documentari che hanno spesso avuto come tema i rapporti Italia-Albania. Tra i suoi documentari spicca Anija, il documentario realizzato nel 20° anniversario del grande esodo degli albanesi in Italia, premiato con il premio David di Donatello 2013, come Miglior Documentario dell’anno; “L’Attesa” (2015), documentario che usa il viaggio del Papa come punto di partenza per fare un esame della dittatura comunista albanese, dichiaratamente l’unico paese ateo del mondo; “Albania, il paese di fronte” (2010), che attraverso le immagini dell’archivio Luce e quelle inedite dell’Archivio Cinematografico Albanese, racconta la storia travagliata del Paese nell’arco del Ventesimo Secolo.